domenica 8 maggio 2011

Domenica 15 Maggio 2011 – IV Domenica di Pasqua

PRIMA LETTURA

Dagli Atti degli Apostoli (At 2,14.36-41)

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa generazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.

SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di San Pietro Apostolo (1Pt 2,20b-25)

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore,
ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10, 1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

COMMENTO ALLE LETTURE

La parabola del pastore si muove su uno sfondo molto familiare alla vita palestinese.

La sera i pastori conducono il gregge in un recinto per la notte. Un recinto comune serve generalmente a diversi greggi. Il mattino ciascun pastore grida il suo richiamo e le pecore – le sue pecore che conoscono la sua voce – lo seguono.
Raccontando questa scena familiare Gesù sottolinea anzitutto che Egli è il vero pastore perché – a differenza del mercenario – non viene a rubare le pecore, ma a donare la vita. Il falso pastore pensa a se stesso e sfrutta le pecore, il vero pastore invece pensa alle pecore e dona se stesso. La caratteristica del vero pastore è il dono di sé.

Ma c'è anche un secondo pensiero: Gesù è la porta dell'ovile. E questo assume due significati: uno in direzione dei capi, e un secondo in riferimento ai fedeli. Gesù è la porta per la quale si deve passare per essere legittimi pastori. Nessuno può avere autorità sulla Chiesa se non legittimato da Gesù.

E, secondo, nessuno è discepolo se non passa attraverso Gesù ed entra nella sua comunità.

Come si vede, Gesù è al centro, sia dell'autorità che in suo nome governa, sia dei fedeli che in comunione con Lui possono appartenere veramente al popolo di Dio.

Però nel brano del Vangelo di oggi non si descrive soltanto la figura del pastore e dell'apostolo, ma si descrive anche il comportamento delle pecore.

E qui si affaccia un terzo tema: la sequela.

La sequela è frutto di una chiamata («Egli chiama le sue pecore una per una»).

Implica un'appartenenza (le pecore sono sue) e si esige un ascolto («ascoltano la sua voce»).

Chiamata, appartenenza e ascolto costituiscono i tratti della comunità, che cammina insieme con Gesù. Naturalmente tutto questo richiede il netto rifiuto di ogni altro pastore, e di ogni altro maestro («un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui»).

C'è però anche un altro tratto, che è indicato qualche riga dopo. Gesù/pastore non solo traccia la strada al gregge (cammina davanti al gregge), né è soltanto colui che raduna il gregge (che ama le sue pecore), ma è colui che – camminando davanti al gregge – pensa alle pecore che non appartengono all'ovile.

Così Pietro: è il pastore della Chiesa, ma il suo pensiero è per il mondo intero. La sua funzione è anche di non permettere alla comunità cristiana di chiudersi nel particolare, di estraniarsi dal mondo, di pensare a se stessa.

Da un’omelia di don Bruno Maggioni

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