lunedì 31 agosto 2009

Domenica 6 settembre 2009 – XXIII Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
Dal libro del Profeta Isaia (Is 35, 4-7)
Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi». Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa. La terra bruciata diventerà una palude, il suolo riarso si muterà in sorgenti d’acqua.

SECONDA LETTURA
Dalla lettera di San Giacomo Apostolo (Gc 2, 1-5)
Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: «Tu siediti qui comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti in piedi lì», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?

VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7, 31-37)
In quel tempo, Gesù, di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!» .

COMMENTO ALLE LETTURE

Per comprendere il Vangelo di questa domenica è anzitutto necessario osservare per esempio l'annotazione geografica che introduce l'episodio: Gesù si trova nel territorio della Decapoli, cioè in una regione pagana. Il racconto acquista in tal modo il significato di universalità. Il miracolo è in favore di una persona che, secondo la concezione del tempo, avrebbe dovuto essere esclusa dalla salvezza, o per lo meno avrebbe dovuto essere raggiunta in un secondo momento: prima gli ebrei, poi i pagani.
L'evangelista ci fa comprendere che il «prima» e il «poi» appartengono alla grettezza dell'uomo, non all'amore di Dio.
Lo sguardo rivolto al cielo – lo stesso gesto che Gesù ha compiuto alla moltiplicazione dei pani – indica la preghiera. Alle volte Gesù compie i miracoli con l'autorità della sua Parola, per così dire a nome proprio, dimostrando in tal modo di non essere semplicemente un profeta di Dio, ma Dio egli stesso. Alle volte invece, come nel nostro caso, Gesù ricorre alla preghiera, per insegnarci che la salvezza è un puro dono della grazia di Dio: un dono da chiedere, non da pretendere.
Il comando di non divulgare il fatto è nel Vangelo di Marco un tratto quasi abituale. Con questo l'evangelista ci insegna due cose: la prima è che il tempo messianico è arrivato; la seconda è che per intendere nel giusto modo la vera natura della messianità di Cristo non bastano i miracoli, occorre attendere la sua passione e la sua Croce. Ma i fatti parlano da soli, e più Gesù vuole che rimangano segreti e più si diffondono.
La reazione della folla è di immenso stupore: l'espressione greca parla di una meraviglia tanto intensa che non troviamo in nessuna altra parte del Vangelo. Una meraviglia che non sembra nascere unicamente da questo episodio particolare, ma dall'intera azione di Gesù: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti».
Queste parole della folla – che sono un vero e proprio giudizio sull'intero operato di Cristo – sono una citazione del profeta Isaia (35,3-6): la prima lettura della messa): «Dite agli scoraggiati: coraggio, non abbiate paura, ecco il vostro Dio, Egli viene a salvarvi; si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi, lo zoppo salterà come un cervo e la lingua di muto griderà di gioia». La folla scorge dunque nel miracolo il segno che le profezie si sono compiute.
Gesù è il salvatore atteso.
Ma le parole della folla alludono anche al racconto della creazione (Gn 1,31): «Iddio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono».
Il miracolo compiuto da Gesù è il segno che sta iniziando una nuova creazione.
(LaChiesa.It - Omelia di Don Bruno Maggioni)

lunedì 24 agosto 2009

Domenica 30 agosto 2009 – XXII Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
Dal libro del Deuteronomio (Dt 4, 1-2. 6-8)
Dal libro del Deuteronomio. Mosè parlò al popolo dicendo: «Ora dunque, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi. Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore Dio vostro che io vi prescrivo. Le osserverete dunque e le metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente. Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?».

SECONDA LETTURA
Dalla lettera di San Giacomo Apostolo (Gc 1, 17-18. 21-27)
Fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento. Di sua volontà egli ci ha generati con una parola di verità, perché noi fossimo come una primizia delle sue creature. Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira. Perché l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime. Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Perché se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s’è osservato, se ne va, e subito dimentica com’era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla. Se qualcuno pensa di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo.

VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 7,1-8.14-15.21-23)
In quel tempo, si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi, e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo». Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo» .

COMMENTO ALLE LETTURE

Nel lungo racconto di Marco Gesù si rivolge a diversi interlocutori: dapprima Gesù e i farisei, poi Gesù e la folla, infine Gesù e i discepoli. Questo mutamento di interlocutori vuole significare che le parole di Gesù non sono soltanto una risposta alla domanda degli scribi, ma anche un insegnamento per chiunque, in particolare per la comunità cristiana. Anzi, se si guarda ancor meglio, ci si accorge che l'intenzione dell'evangelista non è semplicemente di proporci un insegnamento, ma anche di sottolineare la cecità e la non intelligenza degli stessi discepoli. Dunque, non un giudizio sui difetti degli altri, ma un avvertimento per noi. C'è una prima importante affermazione, tanto importante che è ribadita tre volte: «Trascurate il comandamento di Dio per attaccarvi alla tradizione degli uomini»; «Davvero eludete il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione»; «Rendete vana la parola di Dio per osservare la vostra tradizione che voi avete tramandato». Per tradizioni degli uomini qui si intendono le tradizione «religiose», cioè quei precetti e consigli che gli uomini hanno escogitato, di epoca in epoca, per tradurre nel concreto il comandamento di Dio e per applicarlo ai vari casi della vita. Uno sforzo doveroso e irrinunciabile, sul quale tuttavia occorre vigilare: c'è infatti il rischio che le molte tradizioni con le quali si vuole circondare di venerazione il comando di Dio e applicarlo ai molteplici casi della vita finiscano col far perdere di vista l'essenziale; o il rischio di dimenticare che le tradizioni degli uomini possono andar bene in un'epoca e non necessariamente in un'altra, legate come sono al mutare delle situazioni. C'è una seconda affermazione importante: «Dichiarava mondi tutti gli elementi». I farisei solevano purificarsi prima della preghiera, evitavano pagani e peccatori, si lavavano scrupolosamente le mani prima dei pasti, compivano abluzioni al ritorno dal mercato, distinguevano fra cibi puri ed impuri. Gesù abolisce tutto questo. Anch'egli parla di purificazione, ma in un altro senso. Le molte osservanze esteriori possono far dimenticare ciò che più conta: la rettitudine, la giustizia e l'amore. E' una seconda forma palese di ipocrisia: si cura l'esterno e si dimentica l'interno. Si combatte il male dove non c'è per evitare di cercarlo là dove veramente esso si annida, cioè dentro di noi.Ed ecco una terza affermazione importante: non è ciò che entra nell'uomo che lo contamina, ma ciò che esce dal suo cuore. Nel linguaggio biblico il cuore è il luogo delle decisioni, dove avviene la scelta fra il bene e il male, fra Dio o noi stessi. Il primo dovere dell'uomo è di tenere in ordine il cuore. (LaChiesa.it - Omelia di Don Bruno Maggioni)

lunedì 17 agosto 2009

Domenica 23 agosto 2009 – XXI Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
Dal libro di Giosuè (Gs 24, 1-2.15-17.18)
In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele in Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi del popolo, che si presentarono davanti a Dio.Giosuè disse a tutto il popolo: «Dice il Signore, Dio d’Israele: I vostri padri, come Terach padre di Abramo e padre di Nacor, abitarono dai tempi antichi oltre il fiume e servirono altri dei. Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dei che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dei degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore». Allora il popolo rispose e disse: «Lungi da noi l’abbandonare il Signore per servire altri dei! Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d’Egitto, dalla condizione servile, ha compiuto quei grandi miracoli dinanzi agli occhi nostri e ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo fatto e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano il paese. Perciò anche noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio» .

SECONDA LETTURA
Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (Ef 5, 21-32)
Fratelli, siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunchè di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!

VANGELO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 60-69)
In quel tempo, molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? E’ lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» .

COMMENTO ALLE LETTURE
Nel brano evangelico di questa domenica l'incredulità non è più solo della folla, o dei giudei, ma coinvolge anche la cerchia dei discepoli. Essi «mormorano» esattamente come Israele nel deserto e come i giudei che si scandalizzano di fronte a Gesù che pretende essere disceso dal cielo e essere la salvezza del mondo. La ragione di questa loro incredulità? Eccola: «Questo discorso è difficile, come possiamo accettarlo?».
Frequentemente si pensa che «il discorso difficile» si riferisca soprattutto all'Eucaristia, cioè alla presenza del Cristo nel pane e nel vino, una presenza giudicata impossibile. In realtà, il discorso difficile si riferisce a tutto il contenuto del capitolo sesto: l'offerta di una salvezza che supera le meschine attese della folla; la presenza del Figlio di Dio nel figlio del falegname; soprattutto la necessità di condividere la sua esistenza in dono. Tutto questo è il discorso difficile: difficile da capire e, ancor più, da praticare.
«Da quel momento molti dei suoi discepoli si tirarono indietro»: tirarsi indietro è proprio il contrario della sequela, che è un movimento in avanti, proteso verso la condivisione sempre più profonda. Di fronte all'incredulità che ha ormai raggiunto il cuore della sua comunità, Gesù non muta le sue parole né le rispiega. Spinge, invece, la riflessione alla radice della fede, in quella misteriosa profondità in cui la grazia del Padre e la responsabilità dell'uomo sono chiamate a incontrarsi. «E' lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla»; «Le mie parole sono Spirito e vita»; «Nessuno può venire a me se non gli è dato dal Padre»: tutte queste frasi ripropongono il motivo della grazia. L'uomo è impotente («la carne non giova a nulla»), soltanto lo Spirito di Dio può far rinascere l'uomo e aprirlo a nuovi orizzonti («Lo Spirito vivifica»). L'uomo non può ottenere la vita da se stesso. Soltanto se rinuncia alla pretesa di fare da sé e riconosce la sua povertà, l'uomo si pone in condizione di aprirsi alle parole di Gesù. Ma non c'è soltanto l'incredulità della folla, dei giudei e di molti discepoli. C'è anche la fede. Gesù costringe i dodici, la cerchia più ristretta della sua comunità, a non sfuggire il problema: «Volete andarvene anche voi?» A nome dell'intero gruppo, Pietro risponde con parole che esprimono la fede di ogni discepolo: «Tu solo hai parole di verità!». Gesù è l'unico salvatore, l'unico che rende la salvezza di Dio presente in mezzo a noi.
Fonte: LaChiesa.it (Omelia di Don Bruno Maggioni)

lunedì 10 agosto 2009

Domenica 16 agosto 2009 – XX Domenica del Tempo Ordinario


PRIMA LETTURA
Dal libro dei Proverbi (Prv 9, 1-6)
La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto accorra qui!». A chi è privo di senno essa dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza» .
SECONDA LETTURA
Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (Ef 5, 15-20)
Fratelli, vigilate attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio. E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

VANGELO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno» .


COMMENTO ALLE LETTURE

In questo brano evangelico di Giovanni il pane non simboleggia più soltanto la Parola di Gesù da accogliere nella fede, ma il sacramento dell'Eucaristia. Le parole più ripetute sono infatti «carne e sangue», e «mangiare e bere». Ma dopo aver compreso questo, è importante non dimenticare che il discorso di Gesù ha voluto intenzionalmente unire i due temi: la Parola e il sacramento. E li ha congiunti a tal punto che non si vede dove termina l'uno e dove inizia l'altro. Giovanni non prende soltanto in considerazione l'Eucaristia sacramento, ma anche (come dovrebbe essere!) l'intera esistenza del Cristo e il progetto di vita del discepolo. Nel gesto eucaristico è l'intera incarnazione che trova la sua spiegazione: il gesto eucaristico è rivelatore della «verità» di Gesù in tutta la sua interezza. Alcune espressioni come «disceso dal cielo», «donato dal Padre» si riferiscono all'origine di Gesù, all'incarnazione; altre come «carne e sangue», «dato per la vita del mondo» si riferiscono al ministero di Gesù, alla sua passione e alla sua croce. La riflessione di Giovanni investe dunque l'intera esistenza di Gesù e ne svela in profondità il significato: Gesù è Colui che viene dal cielo, Gesù è Colui che si offre per la vita del mondo. Sono i due aspetti che definiscono Gesù nella sua persona e nella sua missione: la sua origine divina (Figlio di Dio e dono del Padre) e il suo significato per noi (è il pane che dà la vita, è la nostra salvezza).
E sono anche i due aspetti che definiscono il discepolo: un figlio di Dio a servizio dei fratelli. Mangiare e bere la carne e il sangue di Cristo non significa solo credere nella presenza reale del Signore e nel suo dono di amore, ma significa «accogliere» quel dono, porsi in sintonia con esso e prolungarlo nella vita. C'è un legame stretto tra l'eucaristia e la vita, e su questo l'evangelista sembra indugiare con particolare insistenza: il concetto è ripetuto sei volte nel nostro passo. Non si tratta di una vita qualsiasi, ma della vita eterna, e nel vocabolario di Giovanni «eterno» significa sempre una realtà che appartiene al mondo di Dio e che tuttavia viene dotata anche all'uomo. E dunque, una vita che può dirsi divina non solo perché viene da Dio come un dono, ma anche perché è una comunione con la stessa vita di Dio.
E non è solo una realtà futura, «lo risusciterò nell'ultimo giorno», ma già presente, sia pure allo stato germinale: «dimorare con Dio» è già possibile all'uomo che si apre alla Parola del Signore e si siede con Lui alla tavola eucaristica.

(Fonte: LaChiesa.it - Omelia di Don Bruno Maggioni)

lunedì 3 agosto 2009

Domenica 9 agosto 2009 – XIX Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA
Dal primo libro dei Re (1 Re 19, 4-8)

In quel tempo, Elia si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati e mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi.
Venne di nuovo l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza da-tagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

SECONDA LETTURA
Dalla lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (Ef 4, 30 - 5, 2)

Fratelli, non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.

VANGELO
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 41-51)

In quel tempo, i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?». Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita.
I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» .

COMMENTO ALLE LETTURE
Gesù dice tre cose molto importanti in questa pagina di Vangelo.

La prima è che Lui ha visto il Padre, la seconda è che tramite Lui si accede alla vita eterna e quindi al Padre, la terza è che è il Padre stesso ad attirarci verso Gesù.

Gesù afferma che nessuno a visto il Padre e quindi nessuno ne può parlare, tranne che lui. In effetti, la gran novità di Gesù, se si crede in ciò che dice d'essere, è proprio il fatto che Lui può parlarci di Dio, perché è come un viag-giatore che viene a raccontarci cose che ha visto e conosce bene, o come un ambasciatore, che ci parla del mondo da cui proviene. Prima di ciò, tramite il Vecchio Testamento, qualche cosa si sapeva, ma non molto. Era necessario che Gesù venisse per eliminare tanti pregiudizi umani che si erano creati su Dio, darci una sua immagine autentica e a noi accessibile.
Detto ciò è chiaro che Gesù diventa il pane che ci apre la strada della vita eterna, che è comunione con Dio, perché rivelandoci questo Dio come Padre, c'insegna anche come relazionarci con Lui. Basta contemplare la vita di Gesù, per capire come fare per essere in comunione con il Padre sin da oggi.

Veramente Gesù è la nuova manna discesa dal cielo, pane di vita eterna, per-ché diventa per noi la via di comunicazione tra il mondo che vediamo e quello che non vediamo.
Rimane però il problema che accennavo all'inizio e che èra quello dei Giudei che dicono: "Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?". Come faccio a saper che Gesù non è un ciarlatano? Oggi vediamo che tanti pensano che è stato un grand'uomo, un profeta, ma da lì ad affermare che è stato ed è la seconda persona della trinità, venuta a visitarci facendosi uomo, il salto è grosso!

Mi aiuta a credere la gratuità che rivela nella sua Passione, ma soprattutto il Padre stesso, che misteriosamente mette Gesù sulla mia strada e mi da gli strumenti e le occasioni giuste per imparare a conoscerlo. Contemplare questa realtà è molto importante perché m'aita a credere in Dio, ma soprattutto al fatto che sono in buone mani.
Per tutto questo grazie Signore Gesù.
(Fonte: La Chiesa.it - Omelia di padre Paul Devreux)