martedì 21 agosto 2012

Domenica 19 agosto 2012 – XX Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal libro dei Proverbi (Pr 9,1-6)

La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: «Chi è inesperto venga qui!».
A chi è privo di senno ella dice: «Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l’inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell’intelligenza».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di San Paolo agli Efesini (Ef 5, 15-20)

Fratelli, fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. Non siate perciò sconsiderati, ma sappiate comprendere qual è la volontà del Signore.
E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 51-58)

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

COMMENTO ALLE LETTURE

In questo brano evangelico di Giovanni il pane non simboleggia più soltanto la Parola di Gesù da accogliere nella fede, ma il sacramento dell'Eucaristia. Le parole più ripetute sono infatti «carne e sangue», e «mangiare e bere». Ma dopo aver compreso questo, è importante non dimenticare che il discorso di Gesù ha voluto intenzionalmente unire i due temi: la Parola e il sacramento. E li ha congiunti a tal punto che non si vede dove termina l'uno e dove inizia l'altro. Giovanni non prende soltanto in considerazione l'Eucaristia sacramento, ma anche (come dovrebbe essere!) l'intera esistenza del Cristo e il progetto di vita del discepolo. Nel gesto eucaristico è l'intera incarnazione che trova la sua spiegazione: il gesto eucaristico è rivelatore della «verità» di Gesù in tutta la sua interezza. Alcune espressioni come «disceso dal cielo», «donato dal Padre» si riferiscono all'origine di Gesù, all'incarnazione; altre come «carne e sangue», «dato per la vita del mondo» si riferiscono al ministero di Gesù, alla sua passione e alla sua croce. La riflessione di Giovanni investe dunque l'intera esistenza di Gesù e ne svela in profondità il significato: Gesù è Colui che viene dal cielo, Gesù è Colui che si offre per la vita del mondo. Sono i due aspetti che definiscono Gesù nella sua persona e nella sua missione: la sua origine divina (Figlio di Dio e dono del Padre) e il suo significato per noi (è il pane che dà la vita, è la nostra salvezza). E sono anche i due aspetti che definiscono il discepolo: un figlio di Dio a servizio dei fratelli. Mangiare e bere la carne e il sangue di Cristo non significa solo credere nella presenza reale del Signore e nel suo dono di amore, ma significa «accogliere» quel dono, porsi in sintonia con esso e prolungarlo nella vita. C'è un legame stretto tra l'eucaristia e la vita, e su questo l'evangelista sembra indugiare con particolare insistenza: il concetto è ripetuto sei volte nel nostro passo. Non si tratta di una vita qualsiasi, ma della vita eterna, e nel vocabolario di Giovanni «eterno» significa sempre una realtà che appartiene al mondo di Dio e che tuttavia viene dotata anche all'uomo. E dunque, una vita che può dirsi divina non solo perché viene da Dio come un dono, ma anche perché è una comunione con la stessa vita di Dio. E non è solo una realtà futura («lo risusciterò nell'ultimo giorno»), ma già presente, sia pure allo stato germinale: «dimorare con Dio» è già possibile all'uomo che si apre alla Parola del Signore e si siede con Lui alla tavola eucaristica. (da un'omelia di don B.Maggioni)

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