domenica 11 ottobre 2009

Domenica 18 ottobre 2009 - XXIX Domenica del Tempo Ordinario


PRIMA LETTURA
Dal libro del Profeta Isaia (Is 53,2.3.10-11)
Il Servo del Signore è cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità.
SECONDA LETTURA
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 4, 14-16)
Fratelli, poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede; infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.

VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 35-45)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

COMMENTO ALLE LETTURE
Il brano evangelico di questa domenica non fa un discorso nuovo. Riprende parole che Gesù ha già detto («Chi vuole essere grande si faccia servo di tutti»: cfr. 9,35), che però i discepoli continuano a non comprendere, come appare dalla loro richiesta («Vogliamo sedere uno alla tua destra e uno alla tua sinistra»).
Se non è nuovo il tema, sono però nuove l'ampiezza e l'insistenza con cui è ribadito. Per far comprendere il suo pensiero ai discepoli, Gesù si serve di due paragoni, uno negativo e uno positivo. Non esercitate la vostra autorità come fanno i principi del mondo (questo è il paragone negativo): se vi accorgete che il vostro comportamento assomiglia al loro, impensieritevi. Comportatevi invece come «Il figlio dell'uomo (ecco il paragone positivo) che non è venuto a farsi servire, ma a servire e dare la propria vita in riscatto per le moltitudini».
È questa frase il punto di forza dell'intero insegnamento: una frase che va molto al di là del semplice esercizio dell'autorità. Una sua analisi attenta ci permette di parafrasarla in questo modo: il Figlio dell'uomo non è venuto a farsi servire (come invece il mondo, i cui insegnamenti sono capovolti rispetto a quelli evangelici, si sarebbe aspettato), ma a servire, e servire significa organizzare la propria intera esistenza in modo da prendersi a carico (se necessario fino al completo dono di sé) le moltitudini, cioè tutti.
L'espressione «in riscatto» non va intesa anzitutto come se significasse «per saldare il debito», bensì come «solidale con» o «al posto di»: cioè l'idea prevalente non è quella del debito, che deve assolutamente essere pagato, costi quello che costi, bensì l'idea della solidarietà che intercorre tra il Figlio dell'uomo e le moltitudini (Gesù, in altre parole, si è considerato come il nostro parente che si sente coinvolto e prende sulle proprie spalle la situazione del congiunto). Il Figlio dell'uomo è venuto per vivere questa solidarietà, divenendo in tal modo la trasparenza visibile, toccabile con mano, dell'amore di Dio e della sua alleanza. Ed è questa stessa solidarietà che il discepolo deve – a sua volta – vivere, se vuole essere seguace del proprio Maestro. È questo che i discepoli devono chiedere.
Un'ultima osservazione. Per Gesù solo se si parte dall'esistenza si può cambiare l'esercizio dell'autorità. Non è dissertando sulla natura dell'autorità che si risolve il problema, ma mutando il modo di considerare la vita. Perché le cose sono legate. L'autorità che tu eserciti – grande o piccola che sia – sarà un vero prendere a carico le cose degli altri, se tutta la tua vita è pensata come servizio. Altrimenti, se pensi la vita come un possesso, a tuo vantaggio, fatalmente anche l'autorità che tu eserciti (nella casa, nella professione, nella politica o nella Chiesa) sarà un potere: ne approfitterai a tuo vantaggio.

(Fonte - LaChiesa.It - Da un’omelia di Don Bruno Maggioni)

Nessun commento:

Posta un commento