domenica 14 novembre 2010

Domenica 21 Novembre 2010 XXXIV Domenica del Tempo Ordinario


PRIMA LETTURA

Dal Secondo Libro di Samuele (2 Sam 5, 1-3)

In quei giorni, tutte le tribù d’Israele da Davide in Ebron e gli dissero: «Ecco noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne. Gia prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re in Ebron e il re Davide fece alleanza con loro in Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re sopra Israele.

SECONDA LETTURA

Dalla Seconda Lettera di S.Paolo Apostolo ai Colossesi (Col 1, 12-20)

Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E’ lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui.
Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose.
Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23, 35-43)

In quel tempo, il popolo stava a vedere, i capi invece schernivano Gesù dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l’altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

COMMENTO ALLE LETTURE

Il tema della regalità di Gesù è sullo sfondo di tutto il racconto lucano della passione: si pensi all'entrata di Gesù a Gerusalemme, all'interrogatorio di fronte al Sinedrio, alle accuse al processo di fronte a Pilato, alla crocifissione. Si può dire che la regalità di Gesù è l'oggetto del dibattito che guida tutto il racconto della passione. È infatti il punto terminale di uno sviluppo che inizia con l'entrata di Gesù a Gerusalemme che è certamente una scena regale ma che parla di un re umile e mansueto, povero. Luca dice chiaramente che Gesù fu accusato di essere re: «Sovvertiva la nostra nazione, proibiva di pagare i tributi a Cesare e diceva di essere il Messia Re». E a una domanda di Pilato Gesù stesso risponde di essere re, ma in un modo diverso dalle accuse. Siamo in grado di capire fino a che punto si spinga tale diversità. Gesù è un re condannato innocente. E agli occhi degli uomini la sua sembra una regalità da burla: gli uomini sono abituati a ben altri re e a ben altre manifestazione della regalità! Questo Gesù lo aveva fatto già capire in precedenza: «I re delle genti le signoreggiano e coloro i quali dominano su di esse si fanno chiamare benefattori. Ma non così voi" io sono in mezzo a voi come colui che serve» C'è dunque una radicale differenza fra la regalità del mondo e la regalità di Dio, fra le manifestazioni della prima e le manifestazioni della seconda. La scena della crocifissione raduna i motivi dispersi portandoli a compimento. Anzitutto la regalità di Cristo è affermata. Luca usa una costruzione enfatica: «Questi è il re dei giudei». È il motivo della condanna che vorrebbe significare, nella mente dei capi, la fine dell'assurda pretesa di Gesù: invece è l'affermazione inconsapevole che proprio lì, sulla Croce, la regalità di Gesù si manifesta in tutto il suo splendore. Gesù muore fra due condannati (lungo la sua vita egli fu sempre accusato di andare con pubblicani e peccatori): uno non comprende, prigioniero come tutti dello schema mondano della regalità («Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi»); ma l'altro intravede, dietro la debolezza della Croce, la potenza dell'amore che vi traspare: «Ricordati di me quando verrai nella tua regale maestà». Il motivo centrale ci è ora chiaro: la regalità di Gesù risplende nell'ostinazione dell'amore, nel rifiuto della potenza per salvare se stesso e per sottrarsi alla contraddizione. Si noti soprattutto l'insistenza su quel «salvare se stesso». Lo dicono i notabili («Ha salvato altri, salvi se stesso, se costui è il Messia», lo ripetono i soldati e lo riafferma il condannato. Ecco ciò che è inaudito: Gesù non si serve della sua potenza divina per salvare se stesso, per sottrarsi al completo dono di sé, per costringere coloro che lo rifiutano ad ammettere il loro torto. Gesù si abbandona totalmente all'apparente debolezza della non violenza e dell'amore. Dunque la regalità di Gesù è legata alla Croce. Ma si tratta sempre della gloria dell'amore, del trionfo della via della Croce. Risurrezione e ritorno di Gesù sono la rivelazione dello splendore e della forza vittoriosa che la via della Croce nasconde. È in questa prospettiva che va compresa l'affermazione di Luca, che cioè il Cristo, crocifisso e risorto, regna già ora: oggi. È una regalità oggi che si percepisce nella fede. Ed è una continuazione della via della Croce: la Chiesa e il discepolo se vogliono festeggiare la regalità del loro Signore devono ripercorrere la via della Croce.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

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