domenica 14 novembre 2010

Domenica 28 Novembre 2010 - I Domenica di Avvento


PRIMA LETTURA
Dal Libro del Profeta Isaia (Is 2, 1-5)
Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette in visione su Giuda e su Gerusalemme. Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà saldo sulla cima dei monti e s’innalzerà sopra i colli, e ad esso affluiranno tutte le genti. Verranno molti popoli e diranno: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli.
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore.
SECONDA LETTURA
Dalla Lettera di S. Paolo Apostolo ai Romani (Rm 13, 11-14)
Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.
VANGELO
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 24, 37-44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
COMMENTO ALLE LETTURE
Le prime comunità cristiane vivevano nella fede del Cristo venuto e, insieme, nella certezza del suo ritorno. Lo scenario, dentro il quale veniva descritto il ritorno del Signore, è assai vario: si tratta sostanzialmente di un linguaggio, di fronte al quale le comunità si sentivano libere. Per comprendere pienamente la ragione e le modalità dell'attesa del Signore (alle volte persino impaziente) è bene partire da un'esperienza che i primi cristiani vivevano profondamente. Il Signore è già venuto ed è morto per noi, ma la storia sembra continuare come prima: ancora l'ingiustizia, la sopraffazione, la dimenticanza di Dio, il peccato. Da qui un modo cristiano originale di vivere nella storia: con un atteggiamento di vigilanza, fatto insieme di attesa e di impegno.
«Vigilate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà», così scrive Matteo. Qui vigilare non significa, come invece abitualmente nel mondo greco, lo svegliarsi per raccogliere tutte le proprie forze e per trovare in se stessi tutto il coraggio possibile, ma è uno svegliarsi per confidare in Dio e per aggrapparsi a Lui. Vigilare non è un rientrare in se stessi ma un uscire da sé per abbandonarsi al Dio. Si comprende come la parola vigilanza non dica direttamente qualcosa da fare, ma un modo di vivere e di guardare. Non si sa quando il padrone torna, e perciò non si può programmare né l'imminenza né il ritardo, come invece ha fatto il maggiordomo infedele che - contando sul ritardo della venuta del Signore - cominciò a «percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi» (Mt 24,49). Qui sembra che l'assenza di vigilanza si segnali per due caratteristiche: una vita godereccia e il far da padrone sugli altri uomini. Qualche indicazione in più per comprendere meglio la vigilanza intesa dal Vangelo viene suggerita da alcuni termini che normalmente l'accompagnano. Per esempio, l'imperativo «guardate»: si tratta di guardare con attenzione, con concentrazione, senza lasciarsi distrarre. Vigilare è rimanere fermi nella parola del Signore, senza impazienze illusorie, senza dare ascolto a falsi profeti, persino senza lasciarsi incantare da «segni e portenti». L'imperativo del guardare con attenzione può comprendere anche la lucidità di non lasciarsi incantare dalla grandezza delle costruzioni dell'uomo, fossero pure costruzioni religiose! L'uomo vigile ne coglie la caducità: ai discepoli entusiasti della grandezza del tempio, Gesù ribatte che non resterà pietra su pietra.
Il Vangelo di Matteo suggerisce che la distrazione che distoglie dalla vigilanza non è necessariamente il piacere smodato, o la neghittosità, ma può essere anche il vivere senza sospetto. Come al tempo di Noè si mangia e si beve, si prende moglie e marito, senza accorgersi che il diluvio è imminente. Le troppe cose, anche se di per sé oneste, possono distrarre dalla questione fondamentale, sia nel senso di non rendere più avvertibile la venuta del Signore, sia nel senso di non accorgersi più del giudizio che è in atto nella storia e nella vita. Completamente immersi nelle preoccupazioni quotidiane si vive ignari del giudizio di Dio che incombe, persino senza avvertire che il mondo sta percorrendo una strada sbagliata.
Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

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