domenica 23 gennaio 2011

Domenica 30 Gennaio 2011 - IV Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal Libro del Profeta Sofonia (Sof 2,3; 3, 12-13)

Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra, che eseguite i suoi ordini, cercate la giustizia, cercate l’umiltà; forse potrete trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore. «Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero». Confiderà nel nome del Signore il resto d’Israele. Non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti.

SECONDA LETTURA

Dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (1 Cor 1, 26-31)

Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 1-12)

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

COMMENTO ALLE LETTURE

Gesù non ha soltanto pronunciato le beatitudini, ma le ha vissute.

Prima di descrivere l'ideale cristiano, le beatitudini descrivono la figura di Gesù, nei suoi comportamenti e nelle sue scelte. Nella formulazione di ciascuna beatitudine è visibile una tensione fra la prima e la seconda parte.

La prima è caratterizzata da situazioni negative (povertà, sofferenza, persecuzione), la seconda da situazioni positive (possesso del Regno, consolazione, visione di Dio).

Questo significa che le beatitudini non sono la promessa di interventi miracolosi che hanno lo scopo di cambiare le situazioni attuali. Le situazioni restano quello che sono. Le beatitudini offrono piuttosto un significato nuovo, suggeriscono criteri diversi di valutazione e di lettura.

C'è una sfida da raccogliere nelle beatitudini. Se mancasse, parleremmo di ideali, ma non di beatitudini. È la nota della gioia: beati! Quale gioia? Fondata su quale radice? C'è infatti gioia e gioia. La gioia delle beatitudini trova il suo fondamento nella certezza di un futuro felice, in comunione con Dio e dono di Dio, e insieme nella gioiosa scoperta che già ora è possibile pregustare un modo nuovo di vivere.

Il mondo pone il fondamento della propria gioia nel possesso dei beni, nel successo, o in altre cose simili. Tutti fondamenti fragili. Il Vangelo invita a porre il fondamento della propria gioia nell'amore di Dio, le cui promesse sono incrollabili e vittoriose, a dispetto di tutte le situazioni di crisi in cui l'uomo può venire a trovarsi.

La liturgia mette in primo piano la beatitudine della povertà, come appare dal ritornello del salmo responsoriale, dalla lettura di Sofonia e dallo stesso passo della prima lettera ai Corinti, dove Paolo dice che Dio si serve di quelli che non contano per confondere il mondo.

«Beati i poveri» implica certamente un invito a mettere al centro della propria attenzione i poveri. Il povero di spirito è colui che si fida di Dio, attende da Dio, ripone la sua fiducia unicamente in Dio. Come la intende Matteo la povertà di spirito non è riducibile a un astratto e generico distacco dai beni. Al contrario, è un atteggiamento concreto e pubblico, il cui contenuto è determinato dalle beatitudini successive: la costruzione della pace, la fame di giustizia, la misericordia, la limpidezza interiore. Tutti atteggiamenti concreti e attivi. Pur mettendo in primo piano atteggiamenti interiori e spirituali, Matteo non dimentica di invitare a un concreto e coraggioso impegno per la giustizia e la pace.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

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