martedì 9 ottobre 2012

Domenica 14 ottobre 2012 – XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal libro della Sapienza (Sap 7, 7-11)

Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera agli Ebre (Eb 4, 12-13)

La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 17-30)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

COMMENTO ALLE LETTURE

Gesù chiama al suo seguito un uomo giusto, ma anche il giusto ha un distacco da fare. La sequela è qualcosa di più del semplice adempimento della legge. Giustizia e sequela non si identificano. Il giovane non trova il coraggio di abbracciare il progetto di vita evangelico, e il motivo è detto con chiarezza: «poiché aveva molti beni». Il distacco dai beni è condizione indispensabile per la sequela. E per due ragioni. Un'esigenza di fraternità: come puoi continuare a possedere tutto ciò che hai, quando ti accorgi che attorno a te ci sono fratelli che mancano del necessario? E un'esigenza di libertà: legato a troppe cose (e non si tratta soltanto di soldi), che assorbono tutto il tuo tempo e la tua attenzione, come puoi trovare lo spazio e il gusto per le cose di Dio? La durezza delle richieste di Gesù e la severità del suo giudizio sulle ricchezze (un giudizio ribadito due volte, come in un crescendo) suscitano nei discepoli paura e perplessità: «E chi mai si può salvare?». La risposta di Gesù salta come sempre i passaggi intermedi e va al nocciolo della questione: ciò che non è possibile raggiungere con le sole forze dell'uomo può essere possibile ricevere come dono di Dio. I discepoli hanno in un certo senso ragione: se queste sono le esigenze del Regno, non è possibile all'uomo salvarsi. Ma essi commettono l'errore di considerare il problema da una prospettiva sbagliata: la prospettiva della conquista anziché del dono, dell'uomo abbandonato a se stesso anziché dell'uomo animato dallo Spirito di Dio. Non c'è modo di salvarsi, ma c'è modo di essere salvati. Se così, tutto si riduce a una questione di fede. Il discepolo ha un secondo interrogativo da porre: se lascio tutto, che cosa avrò? (10,28). L'interrogativo tradisce il timore che il distacco richiesto sia un prezzo troppo alto da pagare. La risposta di Gesù non potrebbe essere più netta, quasi una sfida: la vita eterna nel futuro e il centuplo nel tempo presente. Il discepolo parla di «lasciare e seguire», Gesù di «lasciare e ricevere». Il distacco richiesto è un guadagno, un affare, non una perdita. E questo è profondamente vero anche a uno sguardo semplicemente umano: nella sobrietà di quei beni che il Vangelo chiama ricchezze si trova la possibilità di altri beni ben più importanti ed umani, essenziali per l'uomo come l'aria che respira: il tempo per Dio, la gioia della fraternità, la liberazione dall'ansia del possesso, la libertà, la serenità. (da un'omelia di don B. Maggioni)

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