mercoledì 31 ottobre 2012

Domenica 28 ottobre 2012 – XXX Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Geremia (Ger 31, 7-9)

Così dice il Signore: «Innalzate canti di gioia per Giacobbe, esultate per la prima delle nazioni, fate udire la vostra lode e dite: “Il Signore ha salvato il suo popolo, il resto d’Israele”. Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente: ritorneranno qui in gran folla. Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni; li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua per una strada dritta in cui non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, Èfraim è il mio primogenito».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera agli Ebre (Eb 5, 1-6)

Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo. Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo:
«Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchìsedek».

VANGELO

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 46-52)

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

COMMENTO ALLE LETTURE

E' questo l'ultimo miracolo del Vangelo di Marco, e già questo lo rende importante. Il primo miracolo fu la liberazione di un indemoniato nella sinagoga di Cafarnao, l'ultimo la guarigione di un cieco all'uscita di Gerico. Non sono due gesti casuali, ma scelti con intenzione. Illustrano la vittoria di Cristo sulle due forze ostili che la presenza di Dio incontra nella storia degli uomini: la presenza del Maligno e la cecità dell'uomo.
L'episodio del cieco Bartimeo è un racconto vivacissimo, come del resto molti altri del secondo Vangelo. Marco è un narratore che ha il gusto del racconto. Il tema dell'episodio è certamente la sequela, ma i discepoli sembrano scomparire. Protagonisti sono Gesù e il cieco. E fra i discepoli e il cieco il lettore è invitato a fare un confronto. I discepoli - come è apparso negli episodi raccontati nelle domeniche precedenti - sembrano impersonare la perplessità, l'esitazione e l'incomprensione di fronte alle richieste di Gesù. Bartimeo, invece, «subito riacquistò la vista e si mise a seguirlo lungo la strada». Il modello da imitare sembra dunque essere lui, non i discepoli.
Alla domanda dei discepoli («Se è così, chi si può salvare?») Gesù aveva risposto: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio; tutto è possibile a Dio». L'episodio di Bartimeo è un'illustrazione di questa risposta. Il possibile non si misura sulle forze dell'uomo, ma sulla grandezza del dono di Dio. E difatti il racconto ci fa assistere a una completa e impensabile trasformazione: un uomo era cieco e ora ci vede, era seduto e ora segue Gesù lungo la via. La lezione è chiara: la potenza di Dio - che Gesù aveva già suggerito ai discepoli come l'unica possibilità di salvezza - ha saputo trasformare un uomo impotente in un discepolo coraggioso. Ma a due condizioni: la preghiera («Gesù, abbi pietà di me») e la fede («Va, la tua fede ti ha salvato»).
Il vangelo di Marco sviluppa con notevole insistenza il tema della cecità dei discepoli. Due le forme della cecità. La prima è che il discepolo ha visto la potenza di Gesù, magari ne racconta i prodigi, ma non se ne fida: nelle difficoltà della vita non la prende in considerazione, e cade nell'ansia, come se l'avesse dimenticata. E la seconda: di fronte alla via della Croce il discepolo vede soltanto l'insuccesso, il fallimento, non la risurrezione. L'uomo ha bisogno che il Cristo gli apra gli occhi per scoprire nella vita la forza della potenza di Dio e l'efficacia della via della Croce. (da un'omelia di don B. Maggioni)

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