domenica 28 agosto 2011

Domenica 4 Settembre 2011 - XXIII Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal Libro del Profeta Ezechiele (Ez 33,1.7-9)

Mi fu rivolta questa parola del Signore: «O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia. Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te.
Ma se tu avverti il malvagio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte dalla sua condotta, egli morirà per la sua iniquità, ma tu ti sarai salvato».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (Rm 13,8-10)

Fratelli, non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. Infatti: «Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai», e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: «Amerai il tuo prossimo come te stesso».
La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 15-20)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

COMMENTO ALLE LETTURE

Il passo evangelico è una parte del grande discorso in cui Matteo ha radunato diverse parole di Gesù intorno alla vita comunitaria.

Come deve comportarsi una comunità, se vuole essere veramente alla sequela del suo Signore?

Nel passo vengono ricordate tre parole di Gesù.

La prima riguarda la correzione fraterna. La comunità non può accettare tutto. E la stessa carità non deve essere senza la verità. Quantunque nel nostro passo si parli molto di perdono, bisogna denunciare il male e correggere chi lo compie. Matteo però si premura di precisare che la correzione fraterna deve essere graduale, discreta e paziente: a quattr'occhi, dinanzi a uno o due testimoni, dinanzi all'intera comunità.

Anche il passo di Ezechiele, prima lettura, sottolinea con forza questa medesima idea: il profeta è come una sentinella, e ha l'imprescindibile dovere di annunciare le esigenze di Dio, di denunciare la menzogna dovunque si trovi. Ma lo scopo è sempre quello di aiutare il fratello a prendere coscienza del suo stato di separazione, perché possa, di conseguenza, ravvedersi. Lo scopo è di creare nei peccatori un disagio, perché è proprio in una situazione di disagio che spesso Dio si inserisce e spinge al ritorno.

Ancora più importante è la seconda parola di Gesù riportata da Matteo: non «sette volte», ma «settanta volte sette».

Occorre dunque perdonare sempre, un perdono senza misura, perché Dio ci ha fatto oggetto di un perdono senza misura (parabola dei due debitori). Il perdono al prossimo è la diretta conseguenza del perdono di Dio verso di noi.
Questa parola sul perdono completa quanto è stato detto sulla correzione fraterna. Se si deve denunciare il male e correggere chi lo compie, è perché tu hai già perdonato e ami il peccatore: per questo hai il diritto di correggerlo. «Tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo». Legare e sciogliere è frase rabbinica che significa in sostanza la possibilità di perdonare. Nella comunità cristiana continua il peccato, ma parallelamente continua, ancora più ostinato, il perdono dei peccati.

La terza parola di Gesù riportata da Matteo risponde a una domanda della comunità (e di ogni uomo che cerca il Signore): dove e come posso fare un'autentica esperienza di Dio? Ecco la lapidaria risposta: dove si fa comunità nel suo nome, là Dio è presente.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

domenica 21 agosto 2011

Domenica 28 Agosto 2011 - XXII Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal Libro del Profeta Geremia (Ger 20,7-9)

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me. Quando parlo, devo gridare, devo urlare: «Violenza! Oppressione!». Così la parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno tutto il giorno. Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (Rm 12,1-2)

Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 16, 21-27)

In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?
Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

COMMENTO ALLE LETTURE

Il passo evangelico della liturgia è la diretta continuazione del brano di domenica scorsa. Sono due parti di un medesimo episodio, che apparentemente presenta due aspetti contrastanti: la fede di Pietro e la sua incomprensione del mistero della Croce; l'autorità affidata a Pietro e il rimprovero rivoltogli da Gesù. Da una parte, la debolezza di Pietro, e dall'altra, il suo essere roccia per la Chiesa. Con questo si vuol dire che Pietro è tale per grazia, in virtù di un'elezione divina, e non per le sue qualità naturali.

Ma nel passo di questa domenica c'è anche dell'altro: l'evangelista vuol farci percorrere un cammino dalla fede in Gesù Messia alla fede nel Figlio dell'uomo sofferente. C'è l'incredulità da parte della folle, ma c'è anche l'incredulità da parte degli stessi discepoli: si può infatti accettare che Gesù sia Messia, ma rifiutare che Egli debba soffrire. Si può confessare che Gesù è Figlio di Dio, e tuttavia non accorgersi che Egli è un Dio crocifisso. Prigioniero ancora della logica degli uomini, il discepolo tenta di impedire che Gesù si conformi alla logica di Dio. E allora Gesù risponde al discepolo con la stessa esclamazione che troviamo nei racconti delle tentazioni: «Dietro di me, satana. Non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini». In ambedue i casi ? nella tentazione come qui nelle parole di Pietro ? viene proposta a Gesù una scelta messianica che rifiuta le vie di Dio per percorrere le vie degli uomini.

È chiaro a questo punto che cosa significhi veramente seguire Gesù, l'imperativo che ancora una volta egli ricorda ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Rinnegare se stessi significa rinunciare alla propria idea di Dio, per accettare quella di Gesù: non più un Dio glorioso e potente, ma un Dio che si svela nell'amore e nel dono di sé. Ma potremmo anche dire che rinnegare se stessi significa cambiare la logica della propria esistenza: non più una vita vissuta a vantaggio proprio, ma una vita vissuta in dono.

È questa fondamentalmente la logica della Croce, sia per Gesù sia per i suoi discepoli.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

domenica 14 agosto 2011

Domenica 21 Agosto 2011 - XXI Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal Libro del Profeta Isaia (Is 22,19-23)

Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: «Ti toglierò la carica,
ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire.
Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (Rm 11,33-36)

O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio?
Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 16, 13-20)

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

COMMENTO ALLE LETTURE

Nell'episodio raccontato da Matteo è Gesù stesso che prende l'iniziativa di interrogare i discepoli intorno alla propria persona: «Che cosa pensa la gente del Figlio dell'uomo? E voi, chi dite che io sia?».

Per rispondere alla domanda, la gente ricorre a note figure del passato: Giovanni Battista, Elia, Geremia, un profeta. Con questo la gente coglie in qualche modo la grandezza di Gesù, ma non ne coglie la profonda originalità.
Non si può esprimere il significato di Gesù ricorrendo a schemi interpretativi già conosciuti. Pietro va oltre la folla, ed esprime con assoluta chiarezza la messianità e la filiazione divina di Gesù. Matteo si premura di annotare che questa fede non viene da «sangue e carne», ma dal Padre. È dono. È solo la luce che viene da Dio che è in grado di far comprendere il mistero profondo di Gesù.
Sorprendentemente, però, anche la fede di Pietro non è ancora completa, come appare chiaramente se si leggono alcune righe che seguono, ma che la liturgia trascura. Verranno riprese nella prossima domenica.

Dire che Gesù è Figlio di Dio è ancora qualcosa di incompleto, addirittura qualcosa che può dare adito ad equivoci. È la Croce che toglie ogni possibilità di errore. È per questo che Gesù «ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo».

Il passo che stiamo leggendo non è solo interessato alla figura di Gesù, ma anche alla Chiesa. E ci dice anzitutto che la Chiesa appartiene a Cristo: «La mia Chiesa». E ne sottolinea la perenne stabilità: la Chiesa è come una casa costruita sulla roccia, anche se poggia apparentemente sulla fragilità degli uomini: «Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa». Una stabilità sicura, ma tormentata. Viene anche suggerito che all'interno della Chiesa si troveranno sempre dei peccatori: per questo la comunità ha bisogno di «legare e sciogliere»: continua il peccato e deve perciò continuare il perdono.

Il ruolo di Pietro nella Chiesa viene descritto ricorrendo a tre metafore: la roccia, le chiavi, legare e sciogliere. Insieme queste tre metafore illustrano molto bene la funzione di Pietro. È la roccia che tiene salda la casa. E ha una piena autorità: «A lui sono affidate le chiavi». E può proibire e permettere, separare e perdonare. Non si dimentichi tuttavia che l'autorità di Pietro è vicaria. Pietro è l'immagine di un Altro, di Cristo, che è il vero Signore della Chiesa. Ma, proprio perché immagine di Cristo, l'autorità di Pietro è piena e indiscussa, persino sottratta alla sua personale santità.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

domenica 7 agosto 2011

Domenica 14 Agosto 2011 - XX Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal Libro del Profeta Isaia (Is 56,1.6-7)

Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (Rm 11,13-15.29-32)

Fratelli, a voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita dai morti?
Infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia.
Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 15, 21-28)

In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

COMMENTO ALLE LETTURE

Il passo evangelico riprende ancora una volta il tema della fede, indicandone alcune sue caratteristiche fondamentali. Si tratta, anzitutto, di una fede che possiamo indicare meglio con il termine fiducia. Non una fede intellettuale, teorica, che ha come oggetto la dottrina, ma una fede esistenziale, che ha come oggetto l'amore di Dio e il suo aiuto. In una situazione concreta, precisa, di disagio, la donna Cananea si rivolge a Gesù, sicura di essere aiutata. La sua fede è insistente, coraggiosa, umile, più forte dell'apparente rifiuto. La fede deve essere nel contempo sicura e paziente. Non deve lasciarsi scoraggiare nemmeno dal silenzio di Dio: «Non le rivolse neppure la parola». Ma l'episodio della Cananea non svolge soltanto il tema della fede, sottolineandone l'umiltà e la pazienza, bensì anche il tema dell'universalismo. È questo forse il tema più interessante, che Matteo sottolinea di fronte a una comunità tentata di rinchiudersi e di imprigionare la presenza di Dio: Dio è qui e non là, tutto il bene di qua e tutto il male di là. La donna Cananea è una straniera, una pagana. Gesù afferma di essere venuto in primo luogo per Israele, ma poi salva una straniera: un gesto prefiguratore. Il vangelo è aperto anche ai pagani. E c'è di più: non soltanto è aperto ai pagani, ma alle volte si trova più fede in mezzo a loro che all'interno della comunità cristiana. E' un pensiero, questo, che nel vangelo di Matteo ritorna con sorprendente frequenza: i magi vengono da lontano a cercare Gesù, mentre Erode e gli abitanti di Gerusalemme lo rifiutano; Dio può far sorgere figli di Abramo anche nelle pietre; il centurione pagano ha più fede degli israeliti; gli abitanti di Ninive e la regina del Sud sono più disponibili di «questa generazione». Torniamo a questo episodio. Il gioco delle domande e delle risposte tra Gesù e la donna verte sul posto che i pagani occupano nel disegno di Dio. I figli sono gli ebrei, i cagnolini sono i pagani. Gesù giustifica il suo rifiuto appellandosi al piano di Dio, come se questo piano contemplasse un prima (i giudei) e solo eventualmente dopo un poi (i pagani). Così in effetti si pensava. Ma la donna riprende l'immagine di Gesù e la sviluppa capovolgendola. Non rifiuta la priorità di Israele, però ricorda che anche i pagani hanno un posto. C'è modo e modo di intendere la priorità. Anche l'amore di Dio può avere le sue priorità, ma si tratta sempre di priorità che non separano e non escludono. Se i figli sono i primi non è per escludere gli altri, ma per far posto anche agli altri. E così per la parola di una donna pagana la priorità, che Israele vantava, viene allargata e purificata. E Gesù riconosce e ne dà atto, come se quella donna pagana lo avesse in un certo senso illuminato. Anche dai pagani può venire una parola di verità.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni