sabato 18 giugno 2011

Domenica 19 Giugno 2011 – Santissima Trinità

PRIMA LETTURA

Dal Libro dell’Esodo (Es 34, 4-6. 8-9)

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

SECONDA LETTURA

Dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (2 Cor 13, 11-13)

Fratelli, siate lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv3, 16-18)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

COMMENTO ALLE LETTURE

Nella festa della SS. Trinità l'evangelista Giovanni ci invita a vedere in Gesù, concretamente nel suo farsi uomo, nella sua vita e, soprattutto, nella sua Croce (questo è il senso pregnante dell'espressione «dare il Figlio») la sorprendente profondità e gratuità dell'amore del Padre.

Il verbo «dare» significa spesso in Giovanni «donare».

Si noti la sottolineatura: «il Figlio unigenito». Il Padre ci ha fatto dono del suo Figlio amato. E si noti anche l'universalità della destinazione del dono: il mondo intero.

L'evangelista prosegue poi dicendoci che Dio ha mandato il Figlio per salvare il mondo, non per giudicarlo. Ma ciò non toglie che la presenza del dono determini una crisi: il dono del Padre può essere accolto o rifiutato. Nel giudizio Giovanni vede non tanto l'evento futuro, rimandato alla fine, quanto una realtà attuale, già presente e operante dentro la storia e l'uomo. E si direbbe che non sia tanto Dio a giudicare, quanto l'uomo stesso col proprio atteggiamento. Col suo rifiuto o con la sua accettazione dell'amore apparso in Gesù (credere significa, appunto, riconoscere e accogliere il dono di Dio nella propria vita), l'uomo si costruisce luce o tenebra.

Nonostante l'importanza che la Trinità riveste per la fede cristiana, si ha a volte l'impressione che per molti essa sia niente più di una verità da credere, un mistero del tutto incomprensibile.

In realtà è un mistero luminoso.

Di fronte alla rivelazione della Trinità non ci è richiesto soltanto il silenzio, ma anche lo stupore e la gioia, perché si tratta sì di una realtà inaccessibile, infinitamente più grande di noi, ma si tratta anche nel contempo di una realtà luminosa: l'uomo stesso ne viene tutto rischiarato.

Conoscendo il Padre, il Figlio e lo Spirito, noi intravediamo che Dio è nel suo intimo più profondo un dialogo di amore tra tre Persone. Nella sua natura più nascosta (nessun uomo l'avrebbe scoperta, se Gesù non ce ne avesse parlato) Dio è una realtà di comunione, quasi una famiglia. È questa l'originalità della concezione cristiana di Dio, ed è qui che l'uomo trova la spiegazione più vera di se stesso. L'uomo sente insopprimibile la nostalgia della comunità, della solidarietà e del dialogo; ne ha bisogno per vivere e per crescere, ne ha bisogno più dell'aria che respira.

Ma è soltanto alla luce della Trinità che questa constatazione acquista un'insospettabile profondità: siamo fatti per incontrarci, per dialogare e amare, perché siamo «immagine di Dio», e Dio è, appunto – per quanto ci è dato capire – una comunità di amore.

La vocazione alla comunità è la traccia della Trinità nell'uomo.

Da un’omelia di Don Bruno Maggioni

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