domenica 3 luglio 2011

Domenica 10 Luglio 2011 - XV Domenica del Tempo Ordinario

PRIMA LETTURA

Dal Libro del Profeta Isaia (Is 55,10-11)

Così dice il Signore: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di San Paolo Apostolo ai Romani (Rm 8, 18-23)

Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

VANGELO

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 1-23)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

COMMENTO ALLE LETTURE

l primo personaggio che compare nella parabola è il seminatore. Ciò che colpisce è che egli getti il seme dappertutto, sul terreno buono e sul terreno cattivo. Non distingue fra terreno e terreno. Letta dal punto di vista del seminatore, la parabola appare rivolta agli annunciatori del vangelo. Non hanno il diritto di scegliere dove gettare il seme e dove no. L'annunciatore butta il seme senza risparmio e senza distinzione. Nessuno deve anticipare il giudizio di Dio.
La figura del seminatore appare all'inizio e poi scompare: il vero protagonista è il seme che è in scena dall'inizio alla fine. La situazione supposta dalla parabola è quella in cui sembra (vedi l'insistenza su questo) che tutto vada perduto, che l'insuccesso del Regno e della Parola sia totale o eccessivo. E invece – afferma Gesù con la sua parabola – non è così. E' vero che ci sono gli insuccessi, e anche tanti, ma è certo che da qualche parte il successo c'è. Dunque una lezione di fiducia. Nella spiegazione data da Gesù ai discepoli l'attenzione si concentra non più sul seme, ma sui differenti terreni. Il discorso non sembra più rivolto agli annunciatori del Vangelo, ma a quelli che l'ascoltano e l'accolgono. Si osservi come la spiegazione non si soffermi ugualmente su tutti i tipi di terreno. Sorvola sul primo e sul quarto, e invece si attarda molto più analiticamente sul secondo e sul terzo. Il motivo è chiaro. È proprio su questi due terreni che vengono evidenziate le ragioni storiche e concrete per cui molti nella comunità venivano meno di fronte alle esigenze della Parola, che pure avevano accolto. Sono le stesse difficoltà di oggi: la paura di fronte alle persecuzioni e di fronte alla fatica che il Vangelo comporta, e soprattutto il fascino delle ricchezze e le preoccupazioni del mondo. Tra la parabola e la sua spiegazione è inserito il lungo dialogo fra Gesù e i discepoli. Il tema è costituito da una domanda precisa: la Parola di Dio non dovrebbe essere chiara per tutti? Come si spiega che la parola del Vangelo, che pretende essere di Dio, è in realtà rifiutata da molti? La risposta è davvero sorprendente: la Parola che il Vangelo offre, proprio perché di Dio, lascia all'uomo la libertà di aprirsi o di chiudersi. La Parola di Dio ha una sua debolezza, che in realtà è la sua grandezza: il rispetto della libertà dell'uomo. Proprio perché di Dio, la parola del Vangelo non costringe. Non riduce lo spazio della libertà, ma lo allarga.

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